Ecco perché il passaparola per molte aziende non funziona

da | Lug 11, 2022 | Homepage, Marketing e Copywriting

Ecco perché il passaparola per molte aziende non funziona. 

Come e quando invitare i tuoi clienti a “dirlo a un amico”

“Il passaparola è il canale di marketing più efficace, ma soprattutto è l’unica cosa che dimostra davvero che ciò che stai costruendo ha un vero valore.”
(Lanai Moliterno, fondatore di Sozy)

 

Quest’affermazione oggi mette d’accordo molti esperti di marketing. Diverse ricerche realizzate negli ultimi anni, confermano che quasi la metà delle aziende a livello globale fa abitualmente affidamento su strategie di passaparola, per aumentare le vendite o generare lead. Un colosso mondiale come Starbucks ha perfino scelto di non investire in forme di pubblicità tradizionale puntando sulla creazione (perlopiù sui social) di quel “senso di comunità” che ha reso sempre più attivi i suoi supporter.
Negli ultimi decenni sono stati condotti moltissimi studi sul marketing del passaparola.
Uno dei più autorevoli resta tutt’oggi quello realizzato nel 1955 da Katz e Lazarsfeld, i quali sottolineano l’impatto positivo che può avere un consiglio dato spontaneamente da una persona fidata, in maniera informale e senza altre finalità, impatto che risulta superiore a quello generato da una qualsiasi pubblicità sui mass media.
In una sana comunicazione di questo tipo, emittenti e destinatari del passaparola condividono opinioni e informazioni sul brand e i suoi prodotti, creando una vera e proprio rete sociale a supporto dell’azienda.
Il passaparola è dunque attualmente considerato un canale affidabile per le aziende di qualsiasi dimensione, è organico e, in molti casi, gratuito. Se ben fatto, crea una base di clienti fedeli e attivi che non si limitano ad acquistare per poi dimenticare ma, al contrario, interagiscono con il brand e condividono volentieri la loro esperienza con gli altri. 

Così presentato il Passaparola sembra un ingranaggio perfetto, ma funzionerà davvero per tutte le aziende e in qualsiasi momento?

Sarà capitato anche a te di creare per la tua azienda una strategia di passaparola al fine generare lead o incentivare vendite o iscrizioni al tuo sito, senza però ottenere i risultati sperati. Non temere, non sei il solo a cui sia capitato!

Molte aziende fanno l’errore di non valutare attentamente come e quando coinvolgere i clienti in una strategia di passaparola.

È senza dubbio una delle leve di marketing più efficaci ma è anche poco controllabile e misurabile, per questo può portare a risultati tutt’altro che positivi se non gestita valutando attentamente modi, tempi, vantaggi e svantaggi.

Uno degli errori più comuni è quello di non assumere nei confronti del cliente un atteggiamento di ascolto, di non essere “presente”.

Qualunque sia la modalità o il canale attraverso il quale comunichi con i tuoi clienti, l’importante è creare con loro una relazione, osservando i loro comportamenti e ascoltando i feedback che ti danno, partecipando alle discussioni sul tuo marchio (magari sui social), diventando una gradevole presenza costante (ma non invadente) nella loro vita.
Quando decidi di essere un’azienda incentrata sui clienti che stabilisce relazioni con loro, il passaparola diventa un passaggio naturale.
Sephora festeggia il compleanno dei suoi clienti, facendo loro dei piccoli regali esclusivi.
Li invoglia così a promuovere i suoi prodotti attraverso uno spontaneo passaparola, dettato qui anche dall’emozione di una giornata speciale e dalla piccola gioia di un regalo ricevuto.

È sempre il momento giusto per chiedere al tuo cliente di fare passaparola? Assolutamente no! Devi sempre tener conto suo stato emotivo prima di chiedere di fare qualcosa con te.

Capita spesso di effettuare un acquisto on line e di ricevere in automatico un messaggio che ci chiede di consigliare il prodotto a un amico. Questo è un comportamento che nasconde un’insidia non da poco in quanto non sai ancora se sia soddisfatto del suo acquisto o se, al contrario, questo non sia all’altezza delle sue aspettative o se il tuo servizio clienti l’abbia supportato in maniera adeguata o meno.
Se qualcosa è andato storto durante l’acquisto, il suo passaparola non sarà certo lusinghiero nei confronti della tua azienda e la tua reputazione potrebbe essere potenzialmente rovinata: una persona che non ha mai avuto contatti con la tua azienda, difficilmente lo farà dopo che lo zio o il migliore amico glielo avranno sconsigliato!

Il cliente va dunque prima ascoltato con attenzione e poi spinto al passaparola. Come farlo in maniera “scientifica”?

Esistono vari modi per testare lo stato d’animo del cliente e il suo potenziale attaccamento al brand. Uno dei tanti, tra i più efficaci è il Net Promoter Score

Il Net Promoter Score (NPS) può aiutarti a capire chi tra i tuoi clienti sia un tuo possibile promotore e chi un detrattore. Le risposte fornite dai clienti ti aiuteranno a fare il passo successivo. Un NPS positivo ti suggerirà in maniera inequivocabile chi coinvolgere attivamente nella tua strategia di passaparola, tenendo fuori gli altri.

A questo punto le aziende commettono spesso un altro errore, quello di non fornire ai clienti gli strumenti adeguati per “dirlo a un amico”.

Il cliente deve sentirsi libero di veicolare i propri suggerimenti nelle modalità e usando i canali che gli sono più familiari.
Diventa quindi un errore quello di fare passaparola, ad esempio, solo sui social: siamo sicuri che il nostro cliente usi abitualmente e volentieri Facebook o Instagram?
Al contrario, risulta funzionale, al nostro fine, fornire al cliente un ventaglio di possibilità suggerendo i diversi canali che può utilizzare per condividere la sua esperienza.
Quest’interessante articolo pubblicato da Devrix te ne suggerisce alcuni tra i migliori e più utilizzati.

Attenzione! In questa fase il tuo cliente non può essere lasciato senza una guida. Non lasciare solo a lui l’onere del passaparola!

Quello che puoi fare per lui è fornirgli dei materiali già pronti (ad es. un testo scritto da inviare via mail o su whatsapp, un’immagine, un breve video, ecc.).
Quest’attenzione sarà sicuramente gradita dal cliente che riuscirà così a condividere la sua esperienza più velocemente e sarà funzionale alla tua strategia in quanto avrai la certezza di veicolare proprio il messaggio che serve alla tua azienda, senza ambiguità e distorsioni.

A proposito del messaggio che vogliamo veicolare: la freddezza e l’eccessiva formalità di sicuro non aiutano!

L’efficacia del messaggio aumenta se susciti emozioni, se punti sul lato psicologico delle persone, se rafforzi il senso di appartenenza o promuovi un certo stile di vita in linea con il tuo brand.
Nel suo bestseller “Contagious. Why Things Catch On”, il professore Jonah Berger osserva che:
“L’emozione è uno degli ingredienti principali che fa parlare o condividere le cose.
Quando ci interessa, condividiamo”.
Sottolinea inoltre come il motivo per condividere opinioni positive o negative sui brand, sia quello di esprimere emozioni o bilanciare l’eccitazione emotiva.
Quando crei un messaggio assicurati di generare emozioni e parlare “all’interiorità” delle persone, senza troppi formalismi. Fai in modo che ricordino cosa comunichi e siano spinti a raccontarlo agli altri…magari con la stessa emozione!
Un conto sarà leggere un messaggio come: 
“Sono soddisfatta di aver acquistato questi bellissimi stivali alla moda. Fallo pure tu!”
Ma è diverso (e più incisivo):
“Sono fiera di aver fatto un acquisto che aiuta la natura! Questi stivali, oltre ad essere bellissimi, sono 100% vegan, cruelty free. Fai anche tu un acquisto etico!”

Allo stesso tempo comunica un senso di appartenenza parlando di qualcosa che accomuni i tuoi utenti, che faccia sentire loro che condividete lo stesso stile di vita.

Per il cliente, la spinta a consigliare il tuo prodotto risponderà, in questo caso, a un bisogno psicologico: esprimere i propri valori, la propria personalità, le proprie idee.
Molti brand, a livello mondiale, fanno leva su questo aspetto e l’errore sta proprio nel sottovalutarne la portata. Un esempio su tutti è Harley Davidson, punto di riferimento per il mondo biker.
In questi anni il brand ha creato un forte sentimento di appartenenza con i propri utenti organizzando, tra le altre cose, eventi a forte impatto emotivo come i suoi famosissimi motoraduni riservati agli iscritti al club.
Va da sé che chi consiglia di acquistare una moto Harley Davidson non si limita a consigliare un prodotto, ma lo fa con una forte spinta emotiva. Sta comunicando la sua appartenenza a una cultura diffusa in tutto il mondo, il suo desiderio di spazi infiniti e libertà!

Stimolare la condivisione significa anche prevedere degli incentivi al passaparola.

Gli incentivi sono di norma di tipo materiale (sconti, gift cards, spedizione gratuita,…) ma anche emotivi (ad esempio, l’inserimento dei clienti in speciali classifiche del brand,…) e diversi studi, negli ultimi anni, rivelano che risultano più efficaci quando sono rivolti sia a chi fa il passaparola che a chi riceve la segnalazione. Ne parliamo ampiamente negli articoli incentivi emotivi e incentivi economici.
Un errore molto comune è quello di offrire incentivi troppo alti al cliente che fa passaparola.
Banalmente, si pensa che offrendo tanto al cliente si ottenga tanto in termini di acquisti/iscrizioni da parte delle persone che ricevono il consiglio.
Una strategia simile può essere invece un boomerang: più alto, e non calibrato, è l’incentivo che dai a chi condivide la sua esperienza con gli amici, più rischi di coinvolgere in massa persone non realmente interessate al tuo brand e all’acquisto dei tuoi prodotti. Come dire: tanta fatica per nulla!
Risulterà più efficace dire al nostro cliente che se farà concretamente qualcosa per noi, noi lo ringrazieremo con un piccolo incentivo. Ad esempio:
Dillo ad un amico. Quando acquisterà un nostro prodotto, avremo il piacere di ringraziarti
con un buono sconto…”.
Guarda come SEO Fomo ha coinvolto i suoi clienti in una strategia di passaparola che prevede uno scambio concreto e proporzionato tra azienda e cliente:

Per concludere

Ti segnaliamo una nota di carattere psicologico-relazionale, tratta da una ricerca realizzata nel 2015 da  Journal of Product & Brand Management che ha analizzato il rapporto tra incentivi al passaparola e relazioni sociali tra le persone coinvolte nelle campagne.
I risultati dell’esperimento condotto sul campione, mostrano che l’introduzione di ricompense economiche per il passaparola, può compromettere in maniera negativa l’atteggiamento di chi riceve il consiglio nei confronti del brand.
Infatti il comportamento dei potenziali acquirenti nei confronti del marchio pare essere contaminato dall’impressione che l’azienda abbia indotto amici e parenti a trarre profitto dalla loro relazione.
I risultati variavano comunque a favore dell’azienda quando si trattava di un brand già forte e consolidato.
Quest’ultimo aspetto suona come un monito per i brand manager che devono essere consapevoli del fatto che esiste un compromesso tra i vantaggi e gli svantaggi di una campagna di passaparola (con i relativi incentivi). Una strategia di passaparola di successo non può prescindere, in primis, dalla forza del brand e dalla qualità dei prodotti/servizi offerti e dall’attenzione rivolta alla singola persona con i suoi umori, le emozioni, il suo stile di vita, le sue opinioni e la sua rete di relazioni.

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