Come già diceva Henry Ford ai tempi suoi: “Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare il tempo“. Oppure dicendolo con le parole di Steve Jobs “Farsi pubblicità in tempi di crisi e come costruirsi un paio di ali mentre tutti gli altri precipitano”. E se lo dicono due delle menti più geniali nel campo dell’innovazione, degli affari e della tecnologia, forse faremmo bene a crederci, visto che l’assunto di base, farsi pubblicità, è rimasto invariato in tutto il lasso di tempo che separa questi due visionari. Due personalità che in qualche modo hanno cambiato il nostro modo di vivere e il mondo in cui lo facciamo.
Ma come abbiamo detto, ormai il consumatore medio dell’epoca moderna non è più così facilmente influenzabile dal messaggio pubblicitario come lo era un tempo. Oggi l’utente finale schiva il messaggio promozionale, ignora i paginoni sui giornali, scherma il suo campo visivo da immagini in movimento e mini spot ed evita banner e ad grazie a tools sempre più mirati che impediscono alla pagina di bombardare chi legge di animazioni in flash e pop-up. Per questo oggi giorno la pubblicità che dimostra maggiormente la sua efficacia è quella che non sembra pubblicità. Gli esperti di marketing sono alla continua ricerca di idee innovative ed originali in grado di catturare l’attenzione, stimolare la visione e magari condizionare l’acquisto (in fondo per questo si fa pubblicità).
Così nascono video divertenti e virali che sotto sotto però promuovono un qualcosa che rimane pressoché in secondo piano fino alla fine, quando l’utente si rende conto di essersi guardato con gusto una pubblicità e non semplicemente un simpatico video. Si inventano situazioni e si chiamano testimonial sempre più credibili e accattivanti. Si coinvolge l’utente finale nei processi aziendali, facendogli capire che lui è il centro della loro filosofia, si condividono foto personali della squadra di lavoro, si mettono su blog e siti internet aggiornati e sempre più predisposti alla comunicazione diretta con il cliente, si inviano articoli aziendali di prova e si allegano gadget personalizzati all’acquisto, per fidelizzare al massimo il cliente che si vede premiato della sua scelta attraverso degli oggetti di uso comune e utili.
Ma si va anche oltre: l’obiettivo della pubblicità non è più solo quello di indirizzare l’utente finale verso l’acquisto di un certo prodotto, ma di farlo aggirando la sua naturale diffidenza e “ingannando” la sua perspicacia mascherando l’implicito messaggio promozionale. Così nel 1998 sono nati gli advergame, termine che deriva dalla fusione di advertising e game e indica quei particolari annunci pubblicitari travestiti da giochi virtuali e interattivi con lo scopo di interessare e divertire l’utente finale e aumentare di conseguenza il brand awareness di un’azienda. Questo tipo di pubblicità è meno invasivo rispetto ad altri metodi promozionali e ha il vantaggio di offrire all’utente la possibilità di interagire o meno con il gioco proposto. Così il potenziale cliente non si sentirà sopraffatto dalla pubblicità aggressiva e molto spesso fastidiosa dei più comuni metodi pubblicitari e inoltre avrà la possibilità di divertirsi. Se poi il gioco dovesse dimostrarsi particolarmente “addictive”, meglio ancora, l’utente finale sarà naturalmente portato ad associare il suo piacere alla marca in questione e a tornare più volte sulla pagina in cui viene proposto l’advergame, diventando un suo fedele frequentatore e magari anche un affezionato cliente.
L’advergame ha più o meno funzioni simili a quelle che può avere un articolo aziendale o un gadget personalizzato con il logo dell’azienda: stimola l’attenzione dell’utente e lo diverte, permette un utilizzo interattivo del brand tramite un oggetto (in questo caso virtuale, essendo normalmente dei giochi online), assicura una presenza costante del proprio messaggio promozionale, in quanto l’utente, proprio come utilizza spesso una penna personalizzata con un logo aziendale, così tornerà a farsi qualche partitella nel tempo libero, costruendo così una relazione duratura fra azienda e cliente.
Da tenere in grande considerazione è anche il tempo di esposizione al brand aziendale che un advergame permette. Infatti una sessione di gioco può durare da un minimo di 5 minuti fino a superare l’ora, lasso di tempo che supera nettamente i 30 secondi o massimo tre minuti concessi di norma ad uno spot pubblicitario. Da non sottovalutare anche i costi di gestione di produzione nettamente minori rispetto ad uno spot pubblicitario tradizionale, che oltre a rappresentare una fonte di spesa notevole, va piazzato su diversi canali di comunicazione con costi elevati. Un advergame può essere ospitato sul sito aziendale e attirare tanti visitatori quanto uno spot, se viene distribuito e promosso nei posti giusti come i social network e nel modo giusto trasformando il proprio advergame in un contenuto altamente virale.
Inoltre l’advergame, essendo ideato per attirare una fascia di utenza ben precisa permette all’azienda di conoscere e scoprire i gusti e le passioni dei propri potenziali clienti. A differenza di una normale pubblicità non mirata che risulta dispersiva e rivolta ad un’audience senza volto, l’advergame aiuta ad attuare una strategia di direct marketing sempre più personalizzata, mirata e targetizzata, con costi di gestione notevolmente minori rispetto ad una ricerca di mercato tradizionale, magari anche approfondita ma dispendiosa in termini di tempo e denaro.
Questa forma di pubblicità poi si rivela particolarmente efficace in diversi contesti. Ad esempio può essere utile ideare un gioco interattivo per lanciare un nuovo prodotto e presentarne le caratteristiche. L’advergame può avere uno scopo educativo o esplicativo perché permette di descrivere le funzionalità anche complesse di prodotti che altrimenti potrebbero risultare poco attraenti per il pubblico. Induce il potenziale cliente ad indugiare più a lungo su una pagina e lo predispone all’acquisto, soprattutto se questo è vincolato alla possibilità di vincere un premio o di assicurarsi un’offerta vantaggiosa.
Infine l’advergame, proprio come un gadget personalizzato ben congegnato, è un ottimo strumento per ridurre lo stress, per distrarre le persone dalla routine quotidiana e trascorre qualche piacevole minuto divertendosi. Una leva psicologica assolutamente da non sottovalutare che può attirare molti più clienti di quanto potreste immaginare.